Blockchain 101: La nascita di bitcoin
Reading Time: 3-4 minutes
Pochi ricorderanno il 2019 come l’anno della blockchain: sì, certo, alcuni produttori di smartphone (HTC, Samsung, per esempio) hanno annunciato smartphone con supporto diretto alla nuova tecnologia.
Google, Mercedes e Ford hanno annunciato dei programmi pilota di sviluppo di alcuni prodotti e servizi, ma ogni volta che qualche azienda annuncia questo tipo di sviluppo, non è mai chiaro nel dettaglio quale sia il tipo di ottimizzazione che stiano sviluppando.
Sicuramente tutti associano il bitcoin e le criptovalute al 2017, anno in cui bitcoin ha raggiunto una valutazione per singola unità di circa 20.000 dollari. Ma il 2018 e il 2019 sono stati due anni di profondi cambiamenti per l’industria blockchain. I progetti con radici tecnologiche avanzate hanno fatto enormi passi in avanti, e il settore ha visto una selezione naturale dei progetti più interessanti.
Per capire come siamo arrivati a questo punto, però, è necessario fare alcuni passi indietro ed analizzare la storia della blockchain dall’inizio.
Tutti associano il bitcoin a Satoshi Nakamoto, una figura mistica simile al poeta greco Omero: un nome che identifica una persona, ma che potrebbe in realtà rappresentare un movimento, un gruppo di persone che insieme ha concepito l’idea alla base del bitcoin.
La realtà è ben diversa: come tutte le invenzioni che si rispettino, anche bitcoin (e la blockchain, di conseguenza) è il risultato di una serie di invenzioni tecnologiche, di movimenti culturali e di situazioni politico-sociali che trovano riscontro nei lontani anni ’80, precisamente nel 1981. Nel febbraio di quell’anno David Chaum, informatico e crittografo , pubblicò un paper, “Untraceable Electronic Mail, Return Addresses, and Digital Pseudonyms”, descrivendo la sua idea di una rete in cui gli utenti, attraverso degli pseudonimi, potessero scambiare informazioni e esprimere il consenso su processi democratici (nel paper si fa l’esempio di applicazione di un’elezione), senza il bisogno di un’autorità universalmente riconosciuta. A questo paper ne fece seguito un’altro, nel 1982 (“Blind signatures for untraceable payments”), che descriveva in modo dettagliato un sistema di moneta digitale, in grado di raggiungere il consenso tra due o più nodi che non si conoscono, registrano la marca temporale delle transazioni effettuate in un registro a blocchi. David Chaum aveva descritto la blockchain, 25 anni prima che la blockchain come la conosciamo oggi sarebbe andata online.
Il paper dell’’82 è ritenuto essere il manifesto di partenza del movimento cypherpunk su internet, un movimento composto da attivisti, informatici e appassionati che metteva al centro la libertà e la privacy dell’individuo attraverso l’utilizzo di codice informatico.
Nel 1989, Chaum fondò DigiCash, la prima società di moneta elettronica (eCash). Alcuni clienti di DigiCash, che utilizzarono la moneta elettronica, furono la Deutsche Bank, Credit Suisse e Bank Austria. Nel 1999, Digicash dichiarò bancarotta e vendette tutti i suoi asset a eCash Technologies, un’altra società di moneta elettronica che non ebbe molta fortuna.
Ma ormai il terreno era stato preparato. Nel marzo del 1997 Adam Back, anche lui informatico e crittografo, pubblicò una newsletter sulla mailing list cypherpunks descrivendo l’idea di hashcash: un algoritmo che poteva essere integrato con DigiCash e aveva esattamente il pezzo che alla moneta di Chaum mancava: un proof-of work (basato sulla prova di lavoro computazionale) usato per limitare email spam e attacchi DDoS. In parole semplici, la verifica di autenticità del mittente veniva assicurata da un task effettuato dal calcolatore. Oggi, un sistema molto simile presente ovunque su internet è il modulo Captcha (“Non sono un robot”).
Il ‘Day Zero’ della blockchain è da identificarsi venerdì 31 ottobre 2008, ore 14:10. In quel preciso istante, Satoshi Nakamoto pubblicò un messaggio sulla cryptography mailing list, descrivendo un progetto a cui stava lavorando: un sistema di moneta elettronica che è pienamente peer-to-peer, senza alcun intermediario. Era passato poco più di un mese dall’annuncio, il 15 settembre 2008, della bancarotta di Lehmann Brothers, il momento che storicamente viene riconosciuto come l’inizio della crisi finanziaria che ha portato alla più grande recessione mondiale dagli anni ’20. Satoshi Nakamoto e gli attivisti del movimento cypherpunk in quel periodo si facevano portavoce di idee anarchico-liberali, secondo le quali per riportare l’individuo alla libertà finanziaria era necessario azzerare il potere delle banche e decentralizzare il potere nelle mani dei singoli.
Il bitcoin è, in questo senso, oltre che una rivoluzione tecnologica, anche e soprattutto una rivoluzione culturale, che cambia il paradigma secondo il quale i rapporti di fiducia tra due o più persone devono necessariamente essere controllati e verificati da un terzo intermediario che ha un’autorità specifica nel farlo.
E la blockchain, dal 2008, è diventata molto di più: tra vicissitudini interne, nuovi framework e soluzioni alternative, nel corso della serie scopriremo che la strada verso la decentralizzazione del web è tortuosa e per nulla scontata.