Il Coraggio dell'Attesa
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Vorrei parlare di qualcosa che ha a che fare con l’attesa.
Non è un collegamento scontato, però cercate di immaginarlo con me: l’attesa è quel concetto che ci fa pensare che qualcosa non succederà subito. Ora. Ma che succederà dopo.
Ora, il motivo per cui una determinata cosa, un determinato fatto potrebbe succedere dopo, è più di uno: possiamo aspettare perché stiamo aspettando qualcuno che faccia qualcosa; stiamo aspettando che qualcosa si realizzi per inerzia; oppure possiamo imporci di aspettare per capire meglio la realtà che ci circonda.
Oggi siamo circondati da spunti che ci implorano di non aspettare: clicca qui, ascolta ora, compra subito.
Siamo tutti (o quasi) iscritti ad Amazon Prime perché non possiamo fare a meno della spedizione gratuita in uno o due giorni. Non sappiamo quasi più cosa significhi aspettare davvero. Durante la mia infanzia, ho sempre aspettato il Natale per ricevere i regali.
E a posteriori mi rendo conto che il vero regalo era l’attesa stessa, perché mi faceva vivere con il desiderio. Oggi viviamo con desideri infimi e inutili che riusciamo a soddisfare subito, e con desideri impossibili che i nostri idoli e gli influencer su internet ci fanno sognare.
Io sogno di comprare una Tesla Model 3. Vorrei che fosse la mia prima auto di proprietà. Costa un bel po’ di soldi, però mi rendo conto che il desiderio è ora cosi poco realizzabile, che rimane nel cassetto. E i sogni nel cassetto non sono quelli che ci fanno alzare la mattina. Semmai, sono quelli che ci fanno sentire impotenti nel realizzarli.
Tra il 2015 e il 2018, nel mio periodo di massima attività come blogger e recensore di prodotti di elettronica di consumo, ricevevo decine di pacchi al mese. Ero come un drogato di attese soddisfatte. Non facevo in tempo ad emozionarmi per la prova di un nuovo telefono, che subito ne avevo un altro. E poi un computer. E poi un videogioco. E poi una TV. E poi daccapo. Il periodo di attesa si era fatto così breve che non avrei mai pensato di aspettare per avere qualsiasi altra cosa. Che avrei avuto sempre tutto subito.
E stavo sbagliando.
Se non ricordo male, nell’estate del 2017 (o forse era del 2016), ho dovuto recensire parecchi computer fissi, dei mini-pc. C’è stato un momento in cui ne avevo 3 in casa. In quel periodo stavo anche dando un esame estremamente utile all’università: Calcolatori Elettronici. In poche parole, per un bel po di sere estive, mi sono messo a studiare un libro che trovo ancora oggi bellissimo ed estremamente completo, che mi ha fatto capire come funzionasse l’elettronica di base di un computer. Il libro è Architettura dei Calcolatori, di Andrew Tanenbaum.
Ho utilizzato subito le conoscenze apprese nel libro per scrivere tutte le recensioni di quei mini-pc, misurando la frequenza di clock, la temperatura del processore, la TPU, e tutta una serie di valori che mi davano la comprensione generale che mi serviva per dire che un computer fosse più o meno performante in determinate condizioni.
Per fare tutti questi test, impiegavo un bel po’ di tempo, ma sapevo benissimo la teoria, quindi non ci mettevo proprio tantissimo. Per l’università, avevo approfondito la dinamica, e poi mi è bastato solo leggere i risultati per tirare le conclusioni.
Certo, i giornalisti più esperti mi diranno che il livello di dettaglio è un altro. Ma io credo di svolgere di più il ruolo di quello che fa vedere a chiunque che ognuno può farsi i suoi approfondimenti.
Ma la parola chiave è sempre attesa.
E certo, perché nell’era delle informazioni veloci, l’attesa è un lusso che non tutti si possono permettere ed un’azione di coraggio che non tutti sono disposti a compiere.
L’attesa è quell’atto di eroismo che l’utente prende per dire ‘non mi fermo al titolo’, ‘non mi basta’, ‘non ho ben capito’, ‘voglio capirci di più’, ‘questa cosa non mi torna’. È un’atto eroico, anzi, da supereroe, perché attendere di capire, approfondendo una determinata questione, significa fermarsi mentre il tempo scorre. Mentre il feed cresce. Mentre le notifiche si accumulano e i task si impilano.
Significa dire di no al tempo, e sì alla mente. No al feed, e sì al pensiero critico. No alle notifiche, e sì alla nostra dignità.
Ora qualcuno potrà pensare che sto esagerando, ma io non credo proprio: lasciare che il tempo, il news feed, le notifiche e i task ci travolgano nella vita di tutti i giorni ci rende persone povere e vuote, manipolabili e psicolabili. Perchè non abbiamo capacità di pensiero, ‘quella cosa non la capisco, oppure, ancora peggio ‘mi fido di lui/lei’. Senza aver capito perché fidarsi. Senza aver controllato cosa è successo prima, e immaginato cosa potrebbe succedere dopo.
Lascio a voi il pensiero di come questo tipo di ragionamento abbia già influenzato grandissimi cambiamenti nella storia recente, specialmente negli ultimi 10 anni. Il ragionamento dovrete farlo voi.
Mi farebbe piacere se questa approfondimento potesse diventare la rampa di lancio di una discussione più ampia sul senso dell’approfondimento e sul valore della pazienza, magari proprio sui social. Perché tutto si può controllare, basta rendersi conto del danno che sta arrecando.
Abbiate pazienza, e vivrete meglio.